Topsy The Great : Steffald [2012]

Emanuele, Alessandro e Lorenzo sono dei bravi ragazzi. Pratesi di nascita, conducono una tranquilla esistenza nella piana della loro piccola città industriale. Emanuele, Alessandro e Lorenzo suonano e, come si direbbe dalle loro parti, gli “garba” tanto farlo. Se poi aggiungiamo che il loro primo LP “Steffald” (fromSCRATCH records / Santa Valvola) è un fenomenale debutto, il gioco è fatto. Emanuele, Alessandro e Lorenzo sono i Topsy The Great, una delle più convincenti e autentiche realtà dell’ underground musicale toscano: convincente, in quanto la perizia tecnica dei tre e la freschezza della loro proposta eludono quel senso di ridondanza e noia che un genere delicato come il loro – un noise-core martellante e matematico – spesso rischia di assalire l’ascoltatore; autentica, poiché la loro musica è un’interpretazione che rimane sì debitrice dei giganti sonici delle decadi passate, ma che è condotta con un’originalità e un senso della misura che li distanzia oltremodo dai tanti (troppi!) gruppi di nicchia che imperversano sul territorio indipendente italiano, ahimé sempre più avvilito dal dilettantismo e da bieche strategie di mercato che vanno a deprimere un’espressione così importante come la musica. Niente berretti a sonagli, dunque; niente strizzate d’occhio all’ ottuso popolo dell’indie nostrano; niente faciloneria; niente nostalgia per una Berlino ormai vecchia di quasi trent’anni. Topsy The Great è rigore e metodo. Come una tela tagliata di Fontana, Topsy The Great non rappresenta, Topsy The Great è. Sarà forse per questo che i 12 brani che compongono il full-lenght parlano da soli: non un fil di voce, solamente ruvida, violenta, pachidermica musica. Tra schitarrate degne dei più valorosi Big Black di Steve Albini, poliritmie provenienti dai migliori Don Caballero e catartici momenti di noise puro à la Lighting Bolt, i trenta minuti scarsi scorrono meravigliosamente, senza incespicare in noiosi cliché o in deludenti soluzioni di arrangiamento. Certo, la qualità della registrazione poteva essere più curata, valeva la pena perderci qualche giorno in più, ma per un gruppo che esprime il suo massimo potenziale nella dimensione live, la scelta della presa diretta è risultata la più funzionale a rendere la spigolosità low-fi che la band trasmette dal palco.
Schoenberg, uno dei massimi innovatori della musica colta occidentale, quasi un secolo fa diceva: «La convinzione che un brano musicale debba richiamare delle immagini, e che, se le immagini mancano, esso non vien compreso o non vale nulla, è tanto diffusa come può essere diffuso soltanto ciò che è banale e falso». Topsy The Great è solo questo, pura espressione estetica, musica. Chi cerca convivialità, facili bestemmie, pacche sulle spalle e sesso al sapore di Mojito, se ne può pure andare da un’altra parte. Il bagno è sempre in fondo, a destra.
Recensione a cura di:
David Matteini

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